ateatro 65.32 3/5/2004 Le recensioni di "ateatro": SuperElioGabbaret (Bestiario romano) di Luca Scarlini e Massimo Verdastro Laura Angiulli e Massimo Verdastro di Andrea Balzola
Roma è innanzitutto una capitale dell’immaginario. Immaginiamo Roma (non è difficile) come una grande, unica scena, dove il tempo stratifica architetture, letterature, echi visivi e sonori, in un declino cominciato con la fine dell’impero romano e mai compiuto, perciò più vitale di altri trionfi; cercando in essa e per essa una guida ideale, non la troveremmo nei ciceroni di professione e nemmeno nei personaggi illustri che l’hanno raccontata, ma in un "clown metafisico", un portavoce teatrale di memorie private e collettive, un Virgilio novecentesco con lo smoking e il cilindro di Petrolini. Con le sue movenze da burattino vivente, la sua ironia astuta e paradossale, la sua ambiguità androgina, la sua poesia terrena e il suo spirito surreale.
Questa è l’ottima idea che l’attore (Premio Ubu 2002) e regista Massimo Verdastro ha scritto, in collaborazione con Luca Scarlini, messo in scena, in collaborazione con la regista Laura Angiulli, e interpretato, da solo, accompagnato dal raffinato arazzo musicale tessuto da Francesca Della Monica (storica e coltissima collaboratrice musicale di Tiezzi-Lombardi). Lo spettacolo è stato presentato in una prima versione al Festival di Benevento del 2003 ed è poi stato elaborato nell’ambito del gruppo napoletano di Galleria Toledo.
Il gioco di parole del titolo dello spettacolo – SuperElioGabbaret – già fornisce la password poetica di un "montage" drammaturgico originale e sofisticato. Eliogabalo, l’imperatore bambino, tiranno folle, eretico e anarchico, rievocato da Artaud come simbolo dei paradossi del potere e della sua vocazione autodistruttiva, risorto-rivisitato dalla scrittura di Arbasino (con il SuperEliogabalo, inizialmente concepito per un film di e con Carmelo Bene), giunge sulla scena di Galleria Toledo, nella sua ultima contro-figura, nella sua ultima clownesca metamorfosi: l’attore di cabaret e varietà Elio Gabbalo (nome d’arte).
E’ come un lungo percorso dal tragico al comico, dal teatro della storia alla storia del cabaret, luogo novecentesco della mescolanza e della promiscuità di talenti mancati o scovati, di generi e linguaggi, perché il cabaret è asilo di infiniti comici sconosciuti e smarriti, ma anche palestra di formazione dei grandi attori, covo delle rivoluzioni artistiche novecentesche come il Cabaret Voltaire dadaista o i locali-trincea delle serate futuriste. Regno di anarchici e autarchici imperatori della scena come Petrolini e Totò, i grandi clown metafisici del Novecento italiano.
Il cabaret è anche il luogo dove le memorie personali dell’attore possono infiltrarsi tra le sue maschere, affacciandosi nella passerella dei suoi personaggi. E’ infatti con sapiente intensità che Verdastro si fa medium di un’incalzante sequenza di apparizioni e sparizioni di fantasmi personali e collettivi. La memoria di un attore che ricorda di aver partecipato ai funerali di Anna Magnani o i suoi incontri con controfigure di attrici famose, come Scilla Gabel, s’intreccia con la Storia (alla Elsa Morante) rievocata attraverso le storie, cioè i racconti di famiglia, in un passaggio impercettibile tra mito e cronaca, fra memoria e immaginazione. E poi, soprattutto, le voci famigliari dei poeti amati che raccontano in frammenti, non sempre noti, una Roma appassionatamente vissuta, in tutte le sue vitali sfaccettature e contraddizioni: Roma meretrice e reduce della storia (Arbasino), ferita a morte dalla guerra (il bombardamento di San Lorenzo descritto da Palazzeschi), o dalla tragica farsa della dittatura fascista (nell’insuperabile sintesi di Gadda), marginale, violenta e assetata di vita (Pasolini), troppo satura di fantasmi (nella poesia di Giorgio Vigolo), fatta parola con il nobile e corrosivo vernacolo del Belli, o teatro, con i surreali funerali di Maria Stuarda riscritti da Petrolini. I due autori del montaggio testuale hanno cercato e raccolto come segugi poetici un materiale immenso e avvincente di frammenti che non era facile scegliere e ricomporre in un quadro drammaturgico unitario, e che potrebbero generare altre versioni inedite dello stesso spettacolo.
Lo spettacolo è metamorfosi "eliocentrica", dove l’attore, illusionista del gesto e della parola, si spoglia progressivamente dei panni sia simbolici sia fisici dei suoi personaggi (e della sua stessa "divisa" da Cabaret), mettendosi a nudo come pura presenza vocale e corporea, diapason emotivo di un percorso sempre più interiore, fatto di corrispondenze talvolta evidenti, altrove celate, sempre intime, tra le voci poetiche e i brani musicali scelti con grande sensibilità da Della Monica. Anche il lavoro di regia dello stesso Verdastro e di Laura Angiulli, coadiuvato dalle scene essenziali di Rosario Squillace e dalle luci espressive di Cesare Accetta, è minuzioso, sottile e minimalista, veste l’attore su misura di ogni verso e di ogni gesto, e Verdastro è davvero bravissimo nell’interpretare una partitura così ricca ma anche così diversa di registri stilistici e di cadenze ritmiche, di stati d’animo, di valori affettivi ed etici.
SuperElioGabbaret – bestiario romano di Luca Scarlini e Massimo Verdastro
con Massimo Verdastro
Regia di Laura Angiulli e Massimo Verdastro
Scene di Rosario Squillace
Costumi di Salvatore Forisno
Luci di Cesare Accetta
Progetto musicale di Francesca Della Monica
Direzione tecnica di Antonio Pennarella
Anteprima presso Galleria Toledo di Napoli