ateatro 143.53 4/27/2013 Nel gran teatro del sesso, da voyeur In anteprima da "Hystrio" 2/2013 di Oliviero Ponte di Pino
Questo testo è stato pubblicato nel Dossier teatro & sesso a cura di Claudia Cannella e Diego Vincenti, "Hystrio", a. XXVI; 2/2013.
Ci sono tre reazioni fisiche involontarie che il teatro può provocare nello spettatore: il riso, il pianto e l'eccitazione sessuale. I primi due sono stati accettati e codificati nel comico e nel tragico, e se possibile sublimati nella catarsi. Il terzo no: la soddisfazione dell'impulso che anima l’eccitazione erotica avrebbe portato a infrangere, oltre agli altri, anche il tabù su cui è fondato il teatro, ovvero la separazione tra l'attore che agisce e lo spettatore che osserva passivamente. Così il sesso è ben presto diventato osceno: relegato fuori scena. Così dei riti di fertilità, una delle fonti del teatro, abbiamo perso anche la memoria.
Tuttavia gli inizi erano stati assai più promettenti, almeno se torniamo a due miti fondanti del teatro, uno greco e uno giapponese, dove incontriamo una dea che sprofonda il mondo nell'oscurità, o nella siccità: Demetra, disperata per aver perso la figlia Persefone, e Amaterasu, adirata contro il consesso degli dei. In entrambi i casi un'altra divinità – nel primo caso Baubò, nel secondo Ame-no-Uzume – riesce a provocarne il riso attraverso una danza in cui esibisce il sesso, o peggio, risolvendo così la situazione.
Una terracotta raffigurante Baubò trovata a Priene.
Con una scena primaria di questo tenore, è inevitabile che Sigmund Freud abbia poi trovato nel teatro utili modelli. Ma è altrettanto inevitabile che le donne abbiano finito spesso per essere escluse dal palcoscenico, come è accaduto in alcuni dei momenti di massimo splendore dell'arte scenica: nell'antica Grecia, all'Opera di Pechino, nell'Inghilterra elisabettiana, nel Giappone del Nō e del Kabuki. Con effetti tuttavia spesso perversi e vertiginosi, come dimostra Shakespeare: nella Dodicesima notte (1601) dobbiamo immaginare un giovane attore che interpreta il ruolo di Olivia, che nella pièce si mimetizza con abiti maschili per diventare il paggio Cesario: Viola-Cesario si innamora del Duca Orsino ed è a sua volta amato dalla contessa Olivia, interpretata en travesti da un attore...
Il rapporto tra sesso e teatro è complesso e difficile da districare, in una tensione costante – e sempre mutevole – con il contesto storico e sociale. Bisogna tener conto delle parole, ovvero di linguaggio, temi e situazioni. E' importante raccontare – o immaginare – quello che si vede in scena, ovvero il linguaggio dei corpi, proiettati su desiderio dell'altro con la loro forza dirompente, soprattutto i corpi femminili: ora esibiti, ora occultati, ora addirittura banditi e dunque ancora più presenti nell'assenza. Va inoltre tenuto conto dell'effetto sul pubblico, tra curiosità e censure, tabù e desideri.
Da sempre il basso continuo del teatro comico sono le farse, le gag, i doppi sensi a sfondo osceno: come negli antichi miti, anche nelle platee popolari la fame – quella di cibo e quella di sesso – si sublima, o si sfoga, in una risata grassa e liberatoria. Da sempre le attrici – a partire dalle comiche dell'arte – esercitano un irresistibile potere di seduzione, in una professione che dipende dal favore dei potenti e spesso è stata accostata alla prostituzione. La storia del teatro registra anche astuzie trasgressive, quando il codice dell'abbigliamento si allentava, grazie alla cornice della finzione: per secoli le scene di follia hanno offerto l'occasione di evocare una sessualità che in grado di travolgere ogni norma.
Le 120 giornate di Sodoma, ovvero Sade rivisitato da Giuliano Vasilicò.
Tuttavia la prima "scena oscena" è nata solo quando l'arbitrio del potere aristocratico ha incontrato l'arbitrio del libero pensiero: è accaduto nella Francia pre-rivoluzionaria del XVIII secolo, nelle petites maisons frequentate dalla nobiltà che ospitavano il théâtre de societé. Quegli spettacoli clandestini, o libertini, sono un ponte: su una sponda c'è il travolgente vitalismo erotico di Don Giovanni, il burlador, l'ingannatore sivigliano che seduceva caste fanciulle, donne maritate e religiose ben custodite, recitando l'inganno irresistibile dell'amore romantico; sull'altra sponda, si approda alle sanguinolente recite mortuarie delle 120 giornate di Sodoma del marchese de Sade (peraltro frequentatore del théâtre de societé), il calendario-catalogo di tutte le possibili perversioni, dove il corpo dell'altro è ridotto a puro oggetto di piacere. All’immaginario di Sade si nutriranno sia le sincopate, travolgenti visioni delle 120 giornate di Sodoma di Giuliano Vasilicò (1972), sia le macchinerie sadomaso usate dal giapponese Shuji Terayama per esplorare il rapporto servo-padrone in Cloud Cuckooland, a visit (1978).
Cloud Cuckooland, a visit di Shuji Terayama.
La rivoluzione francese spazzò via sia i divertimenti della nobiltà sia quelli popolari delle foires di Saint-Germain e Saint-Laurent. In una società di benpensanti, per evocare la sessualità si preferì fare ricorso a sottili metafore: come nella Signora delle camelie di Alexandre Dumas (1849), dove l'alternarsi mensile dei petali bianchi e rossi indica la disponibilità sessuale di Marguerite Gauthier, perfetto emblema dell'ipocrisia borghese. Nelle irresistibili farse di Feydeau, il sesso diventa gioco di società: la figura di riferimento è il triangolo, che può combinarsi con altri triangoli a formare più complesse geometrie adulterine. Per i meno abbienti, il tradimento non era invece materia su cui scherzare, come dimostra la truculenta Teresa Raquin di Emile Zola (1873).
Ma proprio a Parigi l’erotismo teatrale riprese vigore: nel 1862, quando alla presenza di numerose personalità artistiche, Amédée Rolland aprì il théâtre erotique de la rue de la Santé, con testi come La grisette et l’étudiant di Henri-Bonaventure Monnier. Il martire del genere fu però Frédéric de Chirac, che nell’ultimo decennio del secolo, propugnando un naturalismo più autentico di quello di Antoine, scrisse e portò in scena pièce come La prostituée (“pornografia in azione”, secondo il giudice che nel 1892 gli appioppò una condanna di quindici mesi) o Fleur de pou (1899), finché nel 1901 la prefettura non gli fece chiudere il teatro. Maggior successo ebbero le signorine Cavelli e Presles con le più garbate couchonneries (che potremmo tradurre “maialettate”): al centro della scena dei Coucher d’Yvette o del Coucher de la parisienne, il letto dove la protagonista si liberava via via dei diversi strati della complessa biancheria dell’epoca, a beneficio dell’amante e degli spettatori, anche se il sipario cadeva appena prima del momento fatale...
In Germania, fu Frank Wedekind a creare scandalo. In Risveglio di primavera (1891) raccontò per la prima volta la sessualità degli adolescenti (nel 2006 è diventato un musical a Broadway, Spring Awakening). Con Lulu (1895-1904) seguì la parabola della grande seduttrice, prototipo della femme fatale o semplicemente della donna che gestisce autonomamente la propria sessualità, destinata però a farsi squartare dalle coltellate di un serial killer.
Renata Palminiello è La signorina Else per Thierry Salmon.
Qualcun altro seppe giocare abilmente con la metafora per smascherare l’ipocrisia dell’epoca: lo fece magistralmente, proprio nella Vienna di Freud, un narratore e drammaturgo come Arthur Schniztler, in pièce e racconti con una forte proiezione teatrale. Protagonisti delle dieci scene di Girotondo (1897) sono altrettante coppie di amanti, incatenate da una sequenza di tradimenti, finché non si scopre che il Conte che si vede nelle ultime due scene si risveglia nel letto della prostituta che era stata protagonista della tresca iniziale. La Signorina Else (1924) è una ragazza che per riscattare i debiti della famiglia deve esibirsi nuda su richiesta di un anziano amico di famiglia (il monologo venne portato in scena da Thierry Salmon nel 1987, protagonista fino al denundamento finale Renata Palminiello, per un pubblico di spettatori-voyeur). Un altro racconto, Doppio sogno (1926, è la fonte dell’ultimo film di Stanley Kubrick, Eyes Wide Shut), ha per protagonisti due amanti che arrivano separatamente a una festa in maschera e vengono sedotti/seducono uno sconosciuto, solo per scoprire che dietro quel travestimento si cela proprio il loro amante. Queste tre storie sono altrettanti archetipi, rispettivamente, dei "sei gradi di separazione", della futilità della trasgressione borghese, e dello strip tease, dei peep show e delle lap dance.
Il corpo liberato di Isadora Duncan.
Alla svolta del secolo irrompe sulla scena il corpo: non tanto a opera dei teatranti, quanto dei danzatori, o meglio di danzatrici come Louie Fuller o Isadora Duncan (ma anche Sada Yacco e Mata Hari), che con la loro gestualità libera mettono in crisi i rigidi codici di comportamento dell’epoca: danzare a piedi nudi fu un primo gesto liberatorio, esteticamente e politicamente, e non a caso partì dalle donne.
Tino Carraro cavalca Erica Blanc in Le Balcon con la regia di Giorgio Strehler.
A porre con inedita radicalità la questione del rapporto tra sesso e potere fu uno scrittore dichiaratamente omosessuale (e criminale) come Jean Genet: Il Balcone (1956) è la messinscena di una rivoluzione vissuta all'interno di un bordello dove i clienti indossano i panni del Generale, del Vescovo, del Giudice, mentre all’esterno il popolo insorge.
Proprio in quegli anni cominciò quella che diventerà una vera rivoluzione sessuale, destinata a ridisegnare il costume e la morale: una processo di liberazione anticipato e accompagnato (e forse provocato) sia dagli esponenti della avanguardie artistiche, sia dal mondo un po’ sordido degli spettacoli “a luci rosse”, gli uni e gli altri alle prese con autorità sempre pronte a difendere la morale e il “comune senso del pudore”, con effetti a volte grotteschi: alcuni spettacoli di “teatro immagine”, come Pirandello chi? di Memè Perlini (1973), furono vietati ai minori di 18 anni perché non esisteva un copione da poter sottoporre alla commissione di censura.
A rompere molti tabù sono state per prime le performance di artisti e musicisti: la violoncellista Charlotte Moorman che si esibì a seno nudo per una performance di Nam June Paik Opera Sextronique (1967), meritandosi un’accusa di oscenità, o le serate a base di animali sgozzati, fiumi di sangue, crocifissioni, e vestali discinte dello Orgien-Mysterien-Theater di Hermann Nitsch.
Gli spettatori tra Marina Abramovic e Ulay in Imponderabilia.
Marina Abramovic e Ulay, alla Settimana della performance bolognese, si addossarono ai due lati di uno stretto varco: gli spettatori, seguendo il percorso della mostra, dovevano passare, sfiorandoli, tra i loro due corpi nudi (Imponderabilia, 1977). Al cuore di questa mutazione spettacolar-sessuale, il Living Theatre con le provocazioni liberatorie di Paradise Now (1968).
La lingua dei corpi, la comunione dei corpi in Paradise Now.
In parallelo, anche forme di spettacolo dichiaratamente erotico spostavano il limite dell'osceno. Dalle cosce vibranti della ballerine del can-can a Parigi alle passerelle finali degli spettacoli di varietà, con i lunghi passi delle leggendarie gambe delle ballerine, si passò a esibizioni via via più esplicite: le nappine restarono a lungo sui capezzoli, ma alla fine caddero...
Il progresso della liberazione sessuale segue i centimetri di epidermide che è possibile mostrare in scena, al cinema, in televisione... Nel 1956 la Rai (ancora in bianco e nero) censurò la trasmissione La Pizzetta perché la ballerina Alba Arnova indossava una calzamaglia color carne. Non a caso nella Rai dell’epoca era vietato usare parole come "membro", “cazzotto”, “magnifica”… Da allora, l'escalation ha portato all'esibizione prima dei seni, poi dei posteriori femminili, per passare al sesso femminile, poi dei posteriori maschili, e infine dei genitali maschili (ma non ancora i membri eretti, monopolizzati dal porno). In parallelo, si è allargata anche la gamma degli atti (e dei sentimenti, prima “etero” e poi “omo”) che si possono mostrare, così come il grado di coinvolgimento dello spettatore nei live show.
Sesso e ironia: Oh, Calcutta! a New York nel 1969.
In alcune occasioni la liberazione sessuale dell'avanguardia e quella del mercato si sono incontrano: è accaduto con Oh, Calcutta! (1969), migliaia di repliche a Broadway e nel West End: una serie di sketch sul sesso, con scene di nudo integrale, coordinati dal critico Kenneth Tynan e commissionati ad autori come Samuel Beckett (anche se il suo contributo, Breath, non venne usato), John Lennon (che ha ispirato la scenetta con la gara di masturbazione tra un gruppo di adolescenti), Sam Shepard e Jules Pfeiffer.
La Fura dels Baus alla scoperta del porno: XXX.
Di recente, a conciliare avanguardia, erotismo e mercato, ci hanno provato i catalani della Fura dels Baus con XXX (2002), ovvero il provino di una giovane attrice per uno spettacolo sadomaso, con frammenti di video erotici: ma i tempi sono cambiati, non si scandalizza più nessuno e il risultato è solo l’involontaria parodia di un reality show.
Il trionfo del camp: The Playhouse of the Ridiculous.
In parallelo, il teatro ha avuto anche un ruolo chiave nella ridefinizione dei rapporti di genere e per l consapevolezza e l’“emancipazione” delle donne e degli omosessuali. Basti pensare al ruolo di Casa di bambola di Henrik Ibsen (1879) nello sviluppare la consapevolezza femminile. Il panorama è talmente ricco che è possibile citare solo alcune esperienze: la Playhouse of the Ridiculous nella New York degli anni Sessanta e Settanta; le performance di Mario Mieli in Italia negli anni Settanta; le vertiginose mutazioni sessuali nei testi di Copi, vedi il pastiche cechoviano L’omosessuale o la difficoltà di esprimersi (1971); Bent di Martin Sherman (1979), sulla persecuzione nazista contro gli omosessuali; la “fantasia gay su temi nazionali” Angels in America di Tony Kushner (1992-1995), visionario kolossal teatrale sull’epidemia di Aids; al tema in chiave autobiografica si era dedicato anche Copi, con Una visita inopportuna, rappresentato postumo nel 1988. Sul versante femminile, si possono citare per l’Italia l’esperienza del Teatro della Maddalena negli anni Settanta e, sul fronte internazionale, il Magdalena Project e il successo mondiale dei Monologhi della vagina (1996), frutto di centinaia di interviste con donne che raccontavano le loro idee sul sesso, sui rapporti e sulla violenza: secondo l’autrice Eve Ensler, «L'emancipazione delle donne è profondamente connessa alla loro sessualità».
Per certi aspetti, l’Italia – paese cattolico e dunque teoricamente sessuofobo – si è ritrovata all’avanguardia, intrecciando come suo solito spettacolo e politica.
Nel 1987 il Partito Radicale ha portato in parlamento con 20.000 preferenze la pornostar Ilona Staller, in arte Cicciolina, diventata celebre per il primo nudo integrale nel nostro paese in uno show erotico in discoteca (1976), oltre che per le esibizioni con il cobra e la masturbazione con un fallo di vetro in C’era una volta (1986), lo show che segnò il debutto di Moana Pozzi: le quattro protagoniste trasformarono il conseguente processo per atti osceni in luogo pubblico in una provocatoria esibizione e perciò in un efficace momento promozionale.
Una spettatrice espone i propri problemi sessuali alla terapeuta Vladimir Luxuria in Si sdrai per favore.
Un secondo primato italiano riguarda il primo transgender in un Parlamento nazionale, Vladimir Luxuria (ovvero Wladimiro Guadagno), eletta nel 2006 con Rifondazione Comunista e poco dopo trionfatrice del reality show L’isola dei famosi nel 2008. Accanto a show più trasgressivi, nelle sue Lezioni di sesso e in Si sdrai per favore si calava nei panni della docente dell’Università Lasolunga per dispensare consigli adatti a coppie in ibernazione sessuale: i momenti più trasgressivi restavano le canzoni di Raffaella Carrà, da “Tuca Tuca” a “Com’è bello far l’amore da Trieste in giù” (un’altra pietra miliare nel processo di evoluzione del costume erotico nazionale) interpretate da una bidella-assistente precaria, la trans sui tacchi a spillo Fuxia.
L'Orlando Furioso sadomaso dei Motus.
Oggi i meccanismi della trasgressione a tutti i costi paiono aver perso efficacia, anche se la spettacolarizzazione dell’erotismo può avere ancora un valore conoscitivo. Gli spettacoli cosiddetti d’avanguardia hanno spesso un riferimento esplicito alla sessualità.
Quando l'uomo principale è una donna di Jan Fabre.
Un catalogo certo lacunoso potrebbe comprendere il fallo eretto sul capo di una delle attrici di fronte alla vetrina di Andy Warhol’s Last Love dello Squat Theatre (1978); O.F. ovvero Orlando Furioso impunemente eseguito da Motus (1988); un Ariosto riletto in chiave sadomaso con gli spettatori a spiare l’azione dalle feritoie che circondavano lo spazio scenico; gli alimenti che ricordano i liquidi organici, e i liquidi organici – sudore, saliva e orina – sparsi sulla scena di alcune performance di Jan Fabre come The Crying Body (2004).
L'amplesso Untitled di Andrea Fraser in hotel e in video, sotto gli occhi del pubblico.
Nel 2003, con un gesto dadaista fuori tempo massimo, "non per sesso ma per creare un'opera d'arte", l'artista Andrea Fraser ha registrato nel video Untitled l'amplesso in una camera d’albergo con un collezionista (che avrebbe pagato 20.000 dollari per una delle cinque copie del video).
Nell'unione sessuale del proprio corpo con quello della ex-moglie Ilona Staller (la pornostar Cicciolina), Jeff Koons ha identificato l'espressione più chiara del gesto creativo; alla fine di Pornobboy sui tre attori cala dal grande fallo che li sovrasta un getto spermatico di schiuma, che insieme pulisce e mistifica il grottesco collage delle mostruosità verbali e sottoculturali del nostro tempo di Babilonia Teatri; nella performance d’appartamento (o meglio, da stanza da bagno), The Pleasure of Being: Washing, Feeding, Holding, ovvero più o meno Il piacere di essere: lavare, nutrire, abbracciare (2011), Adrian Howells invita l’unico spettatore a spogliarsi e accomodarsi nella vasca da bagno, poi lo lava e lo sciacqua, lo asciuga e lo abbraccia a lungo: il foglietto di avvertenze consegnato prima dell’inizio precisava un limite: “Se scegli di stare nudo, indossare un costume da bagno o rimanere parzialmente coperto, voglio che tu sappia che non ti laverò né asciugherò i genitali" (un limite analogo viene posto nelle avvertenze dei locali di lap dance “Vietato toccare le ballerine”); la nudità esibita e l’evocazione di atti sessuali, spesso con tinte sadomaso, sono da sempre al centro del lavoro di ricci/forte, fino a una scena del recente Imitation of Death (2012) dove un attore ne tira letteralmente un altro prendendolo per il sesso, un dito infilato nella vagina oppure prendendogli il cazzo con due dita.
Imitation of Death di ricci/forte.
Nella post-arte, come ha notato il critico Arthur Danto, ogni esperienza è possibile. Le arti – e dunque anche il teatro – si sono ritagliate uno spazio tutto per sé, in cui ogni pratica diventa lecita, in nome dell’autonomia dell'estetico dall’etica e dalla politica, e della totale libertà dell'artista creatore. Teatri, musei e gallerie d’arte sono “zone temporaneamente liberate” dove adulti consenzienti possono condividere esperienze – anche a sfondo sessuale – in una libertà quasi assoluta.
In effetti, consumata ogni trasgressione, ormai a suscitare scandalo in teatro non è tanto il sesso: nell’era degli integralismi, gli argomenti e le pratiche i tabù riguardano piuttosto la religione, come dimostra il caso di Sul concetto del voto del Figlio di Dio di Romeo Castellucci (2011), e in subordine gli animali (non a caso Jan Fabre ha irritato molto più gli animalisti che i moralisti).
Quando trionfa l’erotismo 2.0 di youporn.com, paiono archeologia le meticolose riscritture erotiche dei capolavori shakespeariani firmate da Joe D’Amato, dove Amleto s’interrogava “Fottere o non fottere, questo è il problema”, e nel frattempo Ofelia risolveva il dilemma con amplessi a raffica. Ormai l’epoca d’oro della trasgressione può vivere solo nella memoria. Magari nel ricordo di uno spettacolo che si replicava intorno al 1980 in un locale di Sankt Pauli, il quartiere a luci rosse di Amburgo: una serie di parodie erotiche dei momenti più celebri della storia (immancabile la caduta dell’impero romano) e della letteratura. La scena clou, davanti a un idillico fondale alpino, aveva per colonna sonora la sigla di Heidi, con la protagonista-bambina impersonata da una nana. Al ritmo ilare della canzonetta, entrava in scena un nano dal cui Lederhosen sbucava un membro enorme: subito aggrediva da tergo la “piccola, tenera” Heidi, per poi guidarla in un trenino politicamente scorretto. Demetra e Amaterasu avrebbero apprezzato.