ateatro 142.87 2/17/2013 Strategie politiche per la cultura: il caso Lombardia I programmi elettorali delle forze politiche lombarde per le prossime elezioni regionali di Anna Chiara Altieri
In Regione, la competenza in materia culturale è dell'Assessorato alle Culture, Identità e Autonomie della Lombardia: vedremo se la prossima giunta ne cambierà la denominazione e ridefinirà le sua aree e linee d'intervento.
Le elezioni amministrative regionali in Lombardia si avvicinano e sfogliando i programmi elettorali dei principali candidati la cultura è uno dei punti programmatici che sembrerebbe imprescindibile per tutti.
Roberto Maroni (candidato per il centrodestra, PDL e Lega Nord), a pag. 21 del programma apre un lungo capitolo che riguarda cultura, istruzione, sport, formazione. Come premessa iniziale vengono elencati – ma senza approfondimenti o precisazioni che possano essere verificati - una serie di interventi in materia promossi dall’amministrazione uscente: istituzione del Fondo Regionale per lo Spettacolo, emanazione di bandi per iniziative culturali, finanziamenti diretti per iniziative diffuse sul territorio (soprattutto attraverso la legge 9/93), potenziamento del sistema bibliotecario e museale, valorizzazione dei siti riconosciuti Patrimonio Unesco, e, in ultimo, l’accordo di programma legato all’EXPO ovvero il “Progetto Integrato d’Area per la realizzazione di un programma di interventi infrastrutturali e di valorizzazione turistica, ambientale e culturale del sistema dei Navigli e delle Vie d’acqua lombarde in vista di Expo 2015”.
In 10 pagine di programma solo un paragrafo è dedicato alla tutela del patrimonio culturale con particolare riferimento all’alta percentuale di siti italiani Unesco presenti in Lombardia (9 su 45), la cui valorizzazione è uno degli obiettivi primari da conseguire sia con il concorso dei privati che attraverso il coordinamento con i Comuni.
Viene inoltre annunciata la creazione di un Fondo di Sostegno per la Creatività per promuovere una serie di interventi in alcune aree genericamente indicate: la produzione teatrale, la coproduzione di eventi, spettacoli e mostre, la formazione giovanile nel settore creativo, lo spettacolo, l’attivazione di una Carta della cultura per integrare la rete regionale. Viene ribadito nuovamente l’impegno per un’offerta turistica e culturale mirata in vista dell’Expo 2015.
Anche per quanto riguarda il patrimonio di archivi, biblioteche e musei l’obiettivo è una completa opera di monitoraggio e di catalogazione volto ad un allargamento della tutela e della fruizione.
Tutti gli obiettivi sono sufficientemente generici e genericamente condivisibili ma per nessuno è presentato un progetto concreto di sviluppo né – soprattutto - viene indicato quali saranno fonti e strategie di reperimento delle risorse (nonostante venga ricordato il taglio dei trasferimenti di risorse da parte dello Stato).
Il programma di Gabriele Albertini – candidato del Movimento Lombardia Civica sostenuto dai centristi dell’UDC e dai montiani – si limita in materia di cultura ad una breve riflessione sulla necessità di valorizzare il patrimonio artistico e culturale italiano - e quindi lombardo - come un potenziale moltiplicatore di risorse, sviluppo, lavoro, attrattività turistica.
Ricordando ancora l’alta presenza di siti Unesco in Lombardia, Albertini propone la Regione come capofila di un progetto che metta a sistema università, musei, teatri, biblioteche e stimoli l’integrazione di fondi pubblici e privati per la realizzazione di progetti specifici.
A due temi viene dato rilievo specifico: il “federalismo demaniale”, ossia un progetto di cessione o concessione di edifici e terreni pubblici a privati con il vincolo della restituzione alla comunità sotto forma di riqualificazione, restauro, apertura al pubblico, bonifica ambientale, uso sociale etc.; e il rilancio della Film Commission Lombardia per attrarre in Regione nuove produzioni e nuovi investimenti.
Umberto Ambrosoli, candidato per il Centro-Sinistra, colloca il programma sulla cultura in un quadro di politica pubblica che preveda come punti fondamentali la tutela del patrimonio, il contributo allo sviluppo dell’economia turistica e lo sviluppo del settore creativo in senso ampio.
La premessa principale della proposta di Ambrosoli è una riflessione economica sul sistema cultura, di cui fornisce alcuni numeri: la diminuzione del budget per la cultura nel bilancio regionale è sceso fino allo 0,1 % (meno di 24 milioni di euro per il 2013), pur a fronte del dato di un 5,4 % di valore aggiunto nell’economia nazionale prodotto dal sistema cultura.
A partire dunque da questi dati, Ambrosoli sottolinea come gli investimenti in cultura possano generare sviluppo in molteplici ambiti, dalla attività formative e professionali all’attività turistica, dai trasporti all’edilizia connessa al patrimonio storico-artistico, per finire con i servizi sociali e ricreativi.
L’intervento dell’ente pubblico deve perciò integrare il supporto alle imprese che producono nuovi contenuti con la rivalutazione dei luoghi di cultura “vecchi” o di tradizione, che possono costruire e diffondere in un pubblico il più esteso possibile la consapevolezza profonda della propria identità.
Viene infine ribadita la centralità della cultura per la riuscita di EXPO 2015, non solo per la creazione di eventi collaterali ma soprattutto per veicolare una nuova consapevolezza nei confronti dei temi protagonisti di Expo come ambiente, paesaggio, cibo e agricoltura.
Ciò che appare con più evidenza anche in questo caso – pur partendo da un’analisi economica più puntuale – è la mancata indicazione di strumenti specifici di attuazione del programma e di reperimento di risorse.
Gli altri due candidati alla presidenza della Regione Lombardia difficilmente avranno un ruolo determinante nella competizione elettorale e nel futuro gverno della Regione.
Nella presentazione del programma di Silvia Carcano (Movimento 5 Stelle) non si fa menzione – analogamente a quanto accade nelle proposte nazionali - né di cultura né di spettacolo, né tantomeno il settore viene indicato come strategico per il lavoro e lo sviluppo.
“Fare per fermare il declino”, il movimento di Oscar Giannino che candida al Pirellone Carlo Maria Pinardi, non prevede alcuna riflessione specifica sulla cultura nei punti programmatici ma ha organizzato a Milano il 13 febbraio un incontro sulle politiche culturali dal quale sono emersi alcuni punti critici e alcune proposte: i peggiori mali del sistema culturale italiano sono individuati nell’eccessiva ingerenza statale, nell’alta burocratizzazione e pressione fiscale, nella mancanza di un quadro normativo chiaro, nella scarsa tutela del patrimonio e nell’insufficiente coinvolgimento dei privati (profit e no-profit). Le proposte del movimento vanno perciò nella direzione di uno snellimento dell’apparato statale e burocratico, nella defiscalizzazione e nell’apertura a nuove forme di gestione dei servizi culturali. Notiamo però che non vengono fatti riferimenti specifici alla situazione della Regione Lombardia.
Una curiosità: l’appello per la cultura di Oscar Giannino tocca non solo i contenuti ma anche la forma, dal momento che la sua campagna elettorale si svolge anche attraverso l’inusuale scelta di allestire un vero e proprio spettacolo teatrale - “Una cena italiana” (attualmente in scena nei teatri italiani) - per dibattere di temi politici e per esporre la propria proposta.
Di fronte a questi programmi, è possibile trarne una impressione generale: la cultura – anche quando la proposta non è particolarmente articolata – è un tema presente in tutti gli schieramenti, in quanto portatore di valori etici e identitari non contestabili in sé, e quindi terreno apparentemente più “bipartisan” e più convergente almeno negli obiettivi generali e nelle dichiarazioni d’intenti (tutela dell’arte, del bello, volano per lo sviluppo eccetera).
Se le differenze di politica culturale si esplicano – ovvero qando si parla di strumenti di finanziamento, programmazione, proposta di servizi eccetera – le indicazioni si fanno più vaghe e non offrono veri elementi di confronto e valutazione. Risulta dunque evidente, ancora una volta, che la cultura – quantomeno a livello programmatico – non riveste un autetico ruolo strategico all’interno delle proposte politiche.