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Alcune cose che si possono fare con i libri nel XXI secolo
Controdizionario del libro ai tempi di Google, Amazon e dei social networks
di Oliviero Ponte di Pino




Google Books



servizio di digitalizzazione e indicizzazione dei libri lanciato dal motore di ricerca con l’obiettivo di mettere a disposizione di tutti gli utenti della rete l’intero patrimonio librario dell’umanità.
Il progetto Google Print venne annunciato alla Fiera di Francoforte nell’ottobre 2004 (verrà ribattezzato Google Book un anno dopo). I primi editori a aderire al programma furono Blackwell, Cambridge University Press, University of Chicago Press, Houghton Mifflin, Hyperion, McGraw-Hill, Oxford University Press, Pearson, Penguin, Perseus, Princeton University Press, Springer, Taylor & Francis, Thomson Delmar e Warner Books. Due mesi dopo, venne annunciato il Progetto Biblioteche, cui aderirono tra diverse università – tra cui Michigan, Harvard (Harvard University Library), Stanford (Green Library), Oxford (Bodleian Library) - e la New York Public Library: in totale, un patrimonio di 15 milioni di volumi. Tra le biblioteche che hanno successivamente aderito al progetto, quella dell’Università Complutense di Madrid (settembre 2006), la Biblioteca di Stato della Baviera (marzo 2007), quella del Cantone dell’Università di Losanna (maggio 2007), la Boekentoren dell’Università di Gent (maggio 2007), la Kejo Universiy (luglio 2007).
I volumi possono essere visualizzati nella loro interezza (se sono liberi da copyright, o se i proprietari dei diritti hanno dato il loro benestare), in parte (sulla base di accordi con l’autore e/o editore) o per brevi frammenti con due o tre righe di testo (snippets).
Molti dei volumi sono stati scansiti con macchine Ephel 323, in grado di fotografare 1000 pagine all’ora senza smembrarli. Nel corso dell’operazione si possono verificare errori: per esempio pagine illeggibili, saltate o a testa in giù, errori o imprecisioni nell’identificazione dell’autore o di altri elementi bibliografici, indici mancanti o lacunosi). Google ha attivato meccanismi di feedback dagli utenti per correggere queste situazioni.
In base a una stima resa nota da Google nell’agosto 2010, i volumi stampati in tutto il mondo dai tempi di Gutenberg a oggi sono 129.864.880. Fino a quel momento, Google Books aveva scansito più di 12 milioni di volumi e annunciava l’obiettivo digitalizzare tutti volumi stampati entro la fine del decennio: la grandiosità del progetto evoca la Biblioteca di Babele immaginata da Jorge Luis Borges, labirintica e infinita.
In realtà la digitalizzazione delle biblioteche faceva parte fin dall’inizio del progetto di Google, come si legge sul sito dell’azienda:

Nel 1996, i cofondatori di Google Sergey Brin e Larry Page erano due studenti laureati in informatica che lavoravano a un progetto di ricerca supportato dallo Stanford Digital Library Technologies Project. Il loro obiettivo era creare una versione digitale delle biblioteche e la loro grande visione era quella di un mondo futuro con vaste raccolte di libri digitalizzati, dove le persone avrebbero utilizzato un software per indicizzare i contenuti dei libri e analizzare le relazioni tra di essi, determinando la pertinenza e l'utilità di un dato libro tramite il numero e la qualità delle citazioni presenti in altri libri.
Il sistema di indicizzazione che finirono per sviluppare prese il nome di BackRub, e fu questa svolta moderna rispetto all'analisi tradizionale basata sulle citazioni che ispirò gli algoritmi PageRank di Google, ossia la tecnologia di ricerca che sta alla base di Google e della sua unicità.
Già allora, Larry e Sergey pensavano che in futuro le persone sarebbero state in grado di eseguire ricerche fra tutti i libri del mondo per trovare quelli di loro interesse.


L’iniziativa è stata apprezzata perché offre un formidabile strumento di democratizzazione e condivisione del sapere, su una scala maggiore rispetto a quella di altri progetti analoghi, gestiti da enti no profit o da enti pubblici.
Ma il progetto ha anche ricevuto diverse critiche. In primo luogo, è opera di una grande azienda privata, che ha per obiettivo prioritario il profitto: in un certo senso, Google si sta appropriando di un “bene comune” come il sapere raccolto nelle biblioteche del mondo intero (anche se per metterlo a disposizione di tutti gratuitamente, almeno finora).
Inoltre i libri non sono solo “bene comune”: sono proprietà intellettuale di chi li ha scritti (concessi in licenza agli editori che li hanno pubblicati con regolare contratto).
Google Books è stato dunque criticato per aver infranto le norme sul copyright, di non remunerare autori ed editori, e di creare un monopolio in violazione delle norme antitrust, oltre al fatto che Google tendeva a imporre ad altri (in primis autori ed editori) l’onere di dimostrare e comunicare a Google la titolarità dei diritti (un problema che riguarda soprattutto i --> libri orfani).
Lo scontro ha portato a una lunga disputa giudiziaria, sia nel mondo anglosassone sia nell’Europa continentale.
Negli USA Google è stata citata in giudizio dall’associazione degli autori (Authors Guild) nel settembre 2005; e un mese più tardi dall’associazione degli editori (Association of American Publishers). Dopo due anni di trattative, nell’ottobre del 2008, Google e le due società di autori ed editori statunitensi hanno raggiunto un accordo, il Google Settlement, che prevedeva un risarcimento da 125 milioni di dollari alla Association of American Publishers e alla Authors Guild; e la creazione di un Book Directory Register, attraverso cui censire e remunerare gli autori (con lo split del 37% a Google, il resto ai detentori dei diritti). Ma il Google Settlement venne accusato di violare l’antitrust, di diminuire la competizione e di danneggiare i consumatori facendo salire prezzi, in particolare dalla Open Book Alliance (una associazione no-profit che raccoglie associazioni di scrittori e di editori ma, anche concorrenti di Google come Yahoo, Amazon e Microsoft), ma anche da agenti letterari, consumatori e governi stranieri (soprattutto europei). Nel 2010 anche diversi altri soggetti che non inclusi nel Google Settlement (fotografi, illustratori, artisti visivi...) iniziarono una class action. Nel 2011 il Google Settlement venne rigettato dalla Corte Suprema. Ai primi di ottobre 2012 fu presentata una nuova versione modificata dell’accordo: stabiliva che tutti i libri potessero essere digitalizzati, salvo rifiuto dell’editore; dal canto loro gli editori acquisivano il diritto di ricevere e utilizzare una copia del volume digitalizzato da Google (“la Repubblica”, 5 ottobre 2012).
Anche in Europa non sono mancate le dispute giudiziarie. La prima battuta d’arresto al progetto è arrivata dalla Francia nel dicembre 2009, quando un tribunale ha bloccato la digitalizzazione dei libri non pubblico dominio.
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